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Quando Auguste Rodin visitò Vienna nel 1902, Berta Zuckerkandl invitò il grande scultore francese, insieme a Gustav Klimt, il pittore austriaco più apprezzato, a una Jause, un tipico appuntamento pomeridiano viennese a base di caffè e pasticcini. Berta, lei stessa un’influente critica d’arte e una delle intelligenze ispiratrici di uno dei più importanti salotti della città, ricordava così quel memorabile pomeriggio nella sua autobiografia:«Klimt e Rodin si erano seduti accanto a due giovani donne di notevole bellezza; Rodin le guardava affascinato […] Alfred Grünfeld [ex pianista di corte presso l’imperatore Guglielmo I di Germania, ora trasferitosi a Vienna] sedeva al piano nella grande sala da ricevimento, con le doppie porte spalancate. Klimt gli si avvicinò e gli chiese: “Per favore, ci suoni qualcosa di Schubert”. E Grünfeld, col sigaro in bocca, suonò note sognanti che volteggiavano sospese nell’aria insieme alle nuvole di fumo del suo sigaro.
Rodin si chinò verso Klimt e disse: “Non mi sono mai trovato in un’atmosfera simile: il vostro tragico e magnifico affresco su Beethoven; la vostra indimenticabile, sacra esposizione; e ora questo giardino, queste donne, questa musica… e intorno tutta questa gaia, infantile felicità… Come si spiega tutto ciò?”
E Klimt mosse lentamente la sua magnifica testa annuendo e rispose con una sola parola: “Austria!”»Questa visione idealizzata e romantica della vita in Austria, che Klimt condivideva con Rodin e che aveva una relazione estremamente tenue con la realtà, è impressa anche nella mia mente. Fui costretto a lasciare Vienna quando ero bambino, ma la vita intellettuale della città a cavallo fra il XIX e il XX secolo è nel mio sangue: il mio cuore batte a tempo di valzer. L’età dell’inconscio è il risultato della mia successiva fascinazione per la storia intellettuale di Vienna tra il 1890 e il 1918, così come del mio interesse per l’arte modernista austriaca, per la psicoanalisi, la storia dell’arte e lo studio del cervello, che è il lavoro che mi impegna nella vita. In questo libro esamino il progressivo dialogo tra arte e scienza, che ha le sue origini nella Vienna di fine secolo, e documento le sue tre fasi principali.
La prima fase iniziò come uno scambio di insight (intuizioni) tra gli artisti del movimento modernista e i membri della Scuola di Medicina di Vienna. La seconda fase continuò come un’interazione fra l’arte e la psicologia cognitiva dell’arte introdotta dalla Scuola di Storia dell’Arte negli anni Trenta del Novecento. La terza fase, iniziata due decenni fa, ha visto la psicologia cognitiva interagire con la biologia per gettare le basi di una neuroestetica emotiva: una comprensione delle nostre risposte – percettive, emozionali ed empatiche – alle opere d’arte.
Questo dialogo e la ricerca nel campo delle neuroscienze e dell’arte sono tuttora in continuo sviluppo. Ci hanno fornito un’iniziale comprensione dei processi in atto nel cervello del fruitore mentre guarda un’opera d’arte.La sfida centrale della scienza del XXI secolo è capire la mente umana in termini biologici. La possibilità di vincere questa sfida si dischiuse alla fine del Novecento, quando la psicologia cognitiva, la scienza della mente, si fuse con la neuroscienza, la scienza del cervello. Il risultato fu una nuova scienza della mente che ci ha consentito di sollevare una serie di domande a proposito di noi stessi: come percepiamo, impariamo e ricordiamo? Qual è la natura dell’emozione, dell’empatia, del pensiero e della coscienza? Quali sono i limiti del libero arbitrio?
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Tratto dalla Prefazione de
L’Età dell’Inconscio
Eric R. Kandel
Raffaello Cortina Editore, 2012
(pubblicato in prima data Lunedì 08 Aprile 2024)